Origini

Origini dello Spino degli Iblei

“In un ambiente geograficamente circoscritto come la Sicilia è naturale vi siano razze autoctone di animali nell’ambito delle differenti specie. Ne sono esempi le razze di pecore ufficialmente riconosciute e registrate: la Barbaresca, la Pinzirita e la Comisana, numericamente la più consistente e presente in particolare nelle province di Ragusa e di Siracusa; le razze di capre: Maltese, Derivata di Siria e Girgentana; e le due razze di bovini: la Cinisara e la più nota e diffusa Modicana. È pertanto pensabile la presenza di più razze di cani che si sono adattate nei secoli ai differenti ecosistemi presenti sull’Isola”. (Prof. Luigi Guidobono Cavalchini)

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Lo Spino degli Iblei altro non è che il risultato finale di una scrematura, soprattutto attitudinale, avvenuta nel corso dei secoli all’interno di un indistinto ceppo di cani che, formatosi sin dalle prime migrazioni neolitiche dalla Mesopotamia alla Sicilia, diede vita a diverse tipologie in base a un processo adattivo all’ambiente. Nell’area pedemontana dei Monti Iblei venne formandosi questo grosso cane barbuto collaboratore indispensabile di tutti i pastori della Sicilia sud-orientale.

Individuare il periodo in cui in Sicilia si possa davvero parlare di cane spinu non è affatto facile perché l’ambiente chiuso e socialmente isolato dei pastori siciliani non ha mai amato lasciare testimonianze di sé e delle proprie cose.

I primi cenni su un cane barbuto esistente nell’isola li diede nel 1653 il naturalista siciliano Cirino il quale, presentandone anche un disegno, riferisce che veniva chiamato “Barbetta”, distinguendolo dall’altro barbuto, anch’esso all’epoca diffusissimo in Sicilia, chiamato “cani napulitanu” che però aveva una maggiore propensione alla caccia della grossa selvaggina, soprattutto cinghiali.

«cani impetuosi, con la forza d'un orso, capaci d'uccidere i violenti cinghiali…
le lunghe ciglia abbassate difendono gli occhi… L’intero mantello è ruvido, il 
corpo forte, le spalle larghe, non sono veloci, ma c’è molta forza in loro che è 
una forza veramente incredibile, un coraggio indomito». (Cirino, 1653)

In quattro tavole dell’opera odeporica del XVIII secolo, il Voyage pittoresque des isles de Sicilie, de Malta et de Lipari  (1735) del francese Jean-Pierre Houël, sono rappresentati dei cani inequivocabilmente barbuti in contesti rurali e pastorizi di Ispica, Vendicari, Siracusa e anche Palermo.

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“Il Castello di Ispica” (1776), tavola CCV di Jean-Pierre Houël

Nell’Ottocento sono tanti i pittori che hanno raffigurato lo Spino degli Iblei per meglio caratterizzare scene agro-pastorali della Sicilia sud-orientale: Pasquale Libertini e Francesco Lojacono su tutti; così come molte sono le opere di autori ignoti giunte fino a noi dove lo Spino è ben in evidenza: un olio su tela del 1850, una xilografia stampata nell’edizione del 1908 di un libro di Giovanni Meli, una maiolica siciliana di fine Ottocento, un’edicola votiva in maiolica in territorio di Comiso.

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Particolare della xilografia nell’edizione del 1908 del libro di Giovanni Meli.

Dopo il 1° Meeting sulle razze autoctone siciliane, tenutosi a Grammichele il 31 Agosto 2014, venne fondato il Club del Pastore Siciliano che raccolse tutta la documentazione inerente alla razza e la inviò all’E.N.C.I. chiedendo l’apertura del Libro Genealogico dedicato allo Spino degli Iblei.

Il 19 Novembre 2015 l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana riconobbe lo Spino degli Iblei come razza ufficiale, istituendo il Registro Supplementare Aperto (RSA) ed affidandone la tutela al Club del Pastore Siciliano.

 

 

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Le origini del cane Spino degli Iblei – Conferenza di Gianni Vullo, Caltagirone 24/09/2016

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